Cellulari e tumore: corte di Torino certifica la connessione
Da anni ormai la questione è di quelle spinose: se è quasi intuitivo che i dispositivi elettronici ed elettromagnetici che teniamo costantemente accanto al nostro corpo bene non facciano alla nostra salute, allo stesso tempo non ci sono ancora studi unanimemente riconosciuti che ne certificano la nocività.
E per questo, in caso di cause legali che vedevano coinvolti consumatori e produttori, difficilmente i primi hanno avuto ragione, ma una recente sentenza della Corte di Appello di Torino potrebbe cambiare le carte in tavola.
La Corte di appello di Torino ha infatti confermato la sentenza del giudice Luca Fadda, che nell’aprile 2017 aveva condannato l’Inail a riconoscere una rendita da malattia professionale ad un ex tecnico della Telecom per l’uso “abnorme” del telefonino, dovuto al suo lavoro, nel periodo 1995-2010.
In soldini, la sentenza ha riconosciuto che il tumore al nervo acustico dell’orecchio destro che ha colpito Roberto Romeo, colui che ha intentato la causa, è stato causato dall’uso del cellulare.
“Buona parte della letteratura scientifica che esclude la cancerogenicità dell’esposizione a radiofrequenze (…) versa in posizione di conflitto d’interessi, peraltro non sempre dichiarato”, scrivono i giudici, sulla base delle conclusioni dei consulenti Carolina Marino e Angelo D’Errico, nominati per rianalizzare il materiale probatorio già soppesato dal ctu del giudice di Ivrea, Maurizio Crosignani.
“Una sentenza storica, come lo era stata quella di Ivrea, la prima al mondo a confermare il nesso causa-effetto tra il tumore e l’uso del cellulare”, spiegano gli avvocati Stefano Bertone e Renato Ambrosio. “La nostra è una battaglia di sensibilizzazione. Manca informazione, eppure è una questione che interessa la salute dei cittadini. Basta usare il cellulare 30 minuti al giorno per otto anni per essere a rischio”.