Aci, storia del celebre Club automobilistico italiano

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Per gli amanti del cinema italiano, questa è senza dubbio una scelta cult della filmografia di Carlo Verdone: nella pellicola Bianco Rosso e Verdone, Furio telefona all’Aci per informarsi sulle condizioni meteo che troverà all’altezza di Modena, con un monologo divertentissimo che provoca la reazione stizzita dell’operatore che riattacca risentito.

Aci che però non è protagonista solo della pellicola celeberrima, naturalmente, ma che è parte integrante della storia del nostro paese.

Fornendo, nel secolo scorso, un contributo importante allo sviluppo della mobilità, all’affermarsi della sicurezza sulle strade, alla crescita del turismo e dello sport automobilistico, l’Aci trae le sue origini dalla istituzione nel 1898 dell’Automobile Club di Torino che, nel 1904, assume la denominazione di Unione Automobilistica Italiana allo scopo di favorire lo sviluppo dell’automobilismo in Italia, di associare gli automobilisti e di organizzare soprattutto manifestazioni sportive.

L’ACI venne eretto in Ente morale con R.D. 14.11.1926, n. 2481, e la sua sede trasferita a Roma dal 1928 quando mutò la sua dizione in Reale Automobile Club d’Italia. Della parte più specificatamente sportiva, fino alla guerra, si occupò la Federazione Automobilistica Sportiva Italiana (FASI).

Lo stesso logo, realizzato nel 1975, è ormai un’icona segnaletica, conosciuta e conoscibile da tutti gli Italiani e anche da molti automobilisti stranieri.

Se all’inizio del secolo scorso si contavano 2229 veicoli su strada, oggi ce ne sono oltre 32 milioni e l’Aci si è trasformata nella più grande libera associazione di cittadini con oltre un milione di famiglie associate.

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